Di Enzo Carrozzini
Esauriti i confronti fra le parti sociali, venerdi 23 Marzo il Ministro del lavoro e delle politiche sociali professoressa Elsa Fornero, ha presentato in Consiglio dei Ministri la riforma del mercato del lavoro, il provvedimento è stato approvato lo stesso giorno. Il progetto consta di 26 pagine e 10 capitoli in cui sono delineate le nuove architetture che regoleranno il rapporto di lavoro nei prossimi anni. Il Governo ha presentato il provvedimento sotto forma di disegno di Legge, (con la formula “salvo intese”) nel senso che sarà il Parlamento ad apportare eventuali modifiche migliorative. Il testo è destinato a mutare profondamente il mercato del lavoro e reca in “premessa” l’obiettivo che si propone di realizzare, ovvero la realizzazione di “un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, ripristinando al contempo la coerenza tra flessibilità del lavoro e istituti assicurativi”, attraverso l’adozione di quattro generi di interventi volti a:
1. ridistribuire più equamente le tutele dell’impiego, riconducendo nell’alveo di usi propri i margini di flessibilità progressivamente introdotti negli ultimi vent’anni e adeguando la disciplina del licenziamento individuale per alcuni specifici motivi oggettivi alle esigenze dettate dal mutato contesto di riferimento;
2.rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive a contorno;
3.rendere premiante l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili;
4.contrastare usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti.Gli aspetti più salienti della riforma si possono sintetizzare :
A) per quanto relativo all’apprendistato si privilegia il ricorso a questa forma di lavoro qualora l’azienda dimostri di aver stabilizzato il 50% degli apprendisti assunti.
B) Licenziamenti illegittimi e reintegro nel posto del lavoro ( modificazione art.18 Statuto dei Lavoratori). Viene riconfermato il diritto al reintegro del lavoratore da parte del magistrato del lavoro, nel caso di licenziamento discriminatorio, In caso di licenziamento per motivi economici, è prevista da parte del giudice la possibilità di disporre un risarcimento economico a favore del lavoratore nell’ordine tra le 15 e 27 mensilità di retribuzione.
C) Viene incentivata l’adozione di contratti di lavoro a tempo indeterminato mediante una procedura premiale, penalizzando la contribuzione dei contratti a tempo determinato, con l’innalzamento dell’aliquota contributiva in misura del 1,4%,
D) Potenziamento degli ammortizzatori sociali, con innalzamento dei contributi a carico delle imprese. La riforma quando entrerà a regime (entro il 2017) prevede l’introduzione dell’ ASPI (assicurazione sociale per l’impiego) che sostanzialmente sostituirà gli attuali istituiti di sostegno alla disoccupazione (indennità di mobilità, di disoccupazione (ridotta o speciale). Prevista per i lavoratori con almeno due anni di anzianità assicurativa, che abbiano lavorato nell’ultimo biennio almeno 52 settimane,
L’aspi sarà concesso per una durata di 18 mesi in caso di disoccupati di età superiore a 55 anni, e di 12 mesi per quelli di età inferiore. L’importo si aggira intorno ad un massimo di € 1.119,32, che andrà a calare verso la fine del periodo.
E) Disposizioni a tutela del lavoro femminile in tre campi di intervento, tra i quali il contrasto del fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco, e tutela del congedo di “paternità”.
F) Il contrasto ai rapporti di lavoro dipendente cammufati da “partite Iva”.
G) Politiche attive e servizi per l’impiego
La riforma prevede cinque aree d’intervento: «attivazione del soggetto che cerca lavoro , al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione; qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro; formazione nel continuo dei lavoratori; riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento; collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabili».
Il provvedimento,il cui testo integrale alleghiamo a lato,
lascerebbe presagire che davvero il Governo tecnico abbia fatto di tutto per favorire soprattutto l’incremento del mercato occupazionale delle giovani generazioni, il cui livello di disoccupazione ha ormai raggiunto livelli inaccettabili. Tutto bene allora? Mica tanto, dobbiamo rilevare che per una fascia di lavoratori (i collaboratori coordinati e continuati) non sono previste ancora tutele, la riforma del lavoro non riguarda il rapporto di pubblico impiego, rimandando a futura contrattazione la normativa( siamo alla solita differenza di casta tra lavoratori del pubblico e privato). Ma quello che ha creato maggiore fibrillazione da parte dei sindacati e il punto 3..1 che disciplina i licenziamenti individuali. I sindacati, in prima fila La CGIL di Susanna Camusso, contesta il provvedimento che sostanzialmente scardina l’articolo 18, perché concedendo all’imprenditore la possibilità di licenziare lavoratori adducendo cause di dissesto economico senza possibilità di reintegro nel posto di lavoro, si dà loro la possibilità di aggirare il divieto di licenziamenti discriminatori. Si determinerebbe, pertanto, uno sconvolgimento dei diritti. I sindacati sono sul piede di guerra e risponderanno con una raffica di scioperi, nelle more che Il Parlamento possa porre rimedio a questa che appare, senza dubbio, una norma ideologicamente sanzionatoria. Il reintegro è la giusta risposta al licenziamento senza giusta causa, prevedere nella norma disciplinante i licenziamenti per causa economica lo strumento bivalente del reintegro e dell’indennizzo, sembra un elemento di indubbia efficacia nel quadro di una riforma che vuole affermarsi come frontiera di innovazione e di robusto riformismo.10 anni orsono nella splendida cornice del Circo Massimo tre milioni di persone convocate dalla CGIL di Sergio Cofferati, fermarono il progetto di abolizione dell’art. 18 da parte del Governo Berlusconi, oggi ci si ritrova nelle medesime condizioni, ma stavolta le parti contrapposte (Sindacati e Organizzazioni datoriali) non sembrano anchilosate nel gioco sterile delle delle parti, Giorgio Squinzi, neo Presidente di Confindustria ha dichiarato “non è l’articolo 18 a fermare lo sviluppo italiano”. Ci sono margini affinché in Parlamento si possano migliorare e accrescere le condizioni di coesione sociale, e il Governo alla fine ne risulterebbe rinforzato..