Di Valentino Privitera
Sono stati costruiti l’uno di fronte all’altro. Fragagnano fu possesso feudale fin dal 1278 della famiglia Antoglietta (casata di origine francese imparentata con la casa reale, anche conosciuta con i nomi di De Nantolio o Nanteuil, De Nantolis), per passare poi ai marchesi Carducci-Agustini. Il palazzo baronale, chiamato anche castello, è una residenza fortificata che affonda le sue origini al XV secolo (1487), quando fu eretta la torre. Ne parla in un documento il notaio grottagliese Giovanni Battista Galeone, il quale vi si era recato per redigere il testamento dell’allora signore di Fragagnano, il barone Cola Mattia dell’Antoglietta. La costruzione aveva un carattere fortificato, per la necessità di difendersi sia dalle scorrerie degli eserciti stranieri e dalle bande armate al soldo delle diverse fazioni locali che attraversavano la Puglia, sia dagli attacchi dei corsari che, dopo aver solcato il Mediterraneo, giungevano nelle zone interne della preMurgia. Ritenuto il palazzo più antico del paese, è una massiccia struttura a base scarpata che contiene un unico vano quadrato, illuminato da due alte e strette finestre in carparo, – decorate con stemmi e tralci di vite – con un grande arco centrale che divide il tetto e un grande focolare addossato alla parete occidentale. Al di sotto del pavimento, scavando in profondità per realizzare una vasca per il vino, sono state rinvenute ossa umane collegate forse ad un “trabucco” medievale o alle carceri del feudatario. La residenza era dotata di una scala esterna in muratura, perpendicolare alla torre e completata da un piccolo ponte levatoio, che portava direttamente al piano superiore. Al lato orientale della torre sono addossate costruzioni più tarde: il primo piano, dotato di un’ampia cucina con vasto focolare, era destinato alla servitù, mentre quello inferiore ha ospitato una locanda che era costituita da un ricovero per gli animali e per i rustici. Il lato occidentale è accostato alla dimora rinascimentale, elegante palazzo cinquecentesco sul cui cornicione si erge la ieratica statua di Sant’Irene che domina il grande stemma degli dell’Antoglietta. Nel Novecento, il palazzo baronale, oramai disabitato, divenne proprietà della famiglia Tamborrino di Maglie e venne in parte utilizzato a stabilimento vinicolo. Cosi gli vennero scavate e cementate capienti cisterne per il contenimento del vino. Risorse negli anni Settanta, quando venne adibito temporaneamente a sede del Municipio ed attualmente, tornato ad essere di nuovo abbandonato, è in attesa di essere richiamato all’attenzione di tutti. Infatti nella volontà degli attuali proprietari è allo studio la possibilità di adibirne i locali del piano terra a Museo, ove custodire i numerosi reperti archeologici dell’antico sito, divisi tra il Museo di Taranto ed altre collezioni private. Alla fine del ‘600, lo sbarco dei Turchi nella vicina Maruggio spinse Francesco Maria Antoglietta ad innalzare il proprio palazzo marchesale, essendo inoltre il vecchio palazzo baronale non più rispondente ai nuovi gusti della filosofia barocca. Il marchese morì nel 1718, a causa di un colpo di archibugio che lo colpì all’occhio destro nel corso di una battuta di caccia. Suo successore fu il figlio Lelio. Il 10 luglio del 1812, Cataldo Carducci Agustini, barone di Monteparano e Cavaliere di Malta, sposò Saveria dell’Antoglietta, figlia di Lelio e Marianna, marchesi di Fragagnano. Saveria era l’ultima donna appartenente alla famiglia dei dell’Antoglietta, per cui, tramite lei, i Carducci Agustini ereditarono il titolo di marchesi ed il feudo di Fragagnano. Trasferitisi qui, risiedettero nel palazzo marchesale, anche se incompiuto, occupandone precisamente la parte inferiore, dove erano anche gli alloggiamenti degli staffieri, i magazzini e il corpo di guardia. II piano nobile fu usato solo in seguito, dal figlio della coppia, Andrea Carducci Agustini dell’Antoglietta, che ne curò la sistemazione. Esso aveva il soffitto costituito da grosse travi di legno ricoperte con della malta. Ancora più sopra vi era il deposito per le granaglie, sormontato a sua volta da un tetto di tegole. Sprovvisto, come tutte le costruzioni dell’epoca, di servizi igienici fissi, il palazzo possedeva però un’ampissima cucina con cammino, che si trovava al primo piano di una costruzione più piccola affiancata alla principale, in cui vi erano anche le stalle. La fase di decadenza della residenza iniziò nel 1917, quando un fulmine ne incendiò una parte, un salone il cui soffitto era costituito da travi lignee e da un telone dipinto. L’edificio ha continuato poi ad essere dimora dei marchesi Carducci Agustini sino al 1979, anno in cui il Sindaco di Fragagnano ha chiesto ed ottenuto la donazione del complesso al Comune per usi civici. Degno di nota è il maestoso portale bugnato dall’arco a tutto sesto che immette in un cortile trapezoidale da cui prendono luce gli ampi saloni, dal tetto a capriate o voltate a crociera semplice stellare, del piano superiore. I diversi piani di restauro elaborati non hanno tuttavia mai trovato validi riscontri sul livello pratico, cosicché il palazzo non è utilizzabile se non per poche sale al piano terra. Il palazzo, imprigionato oggi da antiestetiche orditure metalliche che ne rallentano l’inesorabile crollo, pieno di crepe e senza più tetto al piano superiore, fa brutta mostra di sé in piazza Regina Elena, in attesa di interventi.