Di Piero Monte
Pinocchio va a scuola, ma incontra Lucignolo che lo persuade a seguirlo nel paese dei balocchi, poco sapendo che sarebbero diventati due asini matricolati. Il miraggio dei balocchi oggi siconfigura con un viaggio in Internet dove ne puoi vedere di tutti i colori, portare un cellulare che ti permette di filmare le tue bravate e quelle dei tuoi compagni della baby gang, nutrire una forte emulazione del negativo costi quel che costi, mentre cominci ad abituarti all’uso di polverina e pasticche per costruirti un paese dei balocchi totalmente artificioso ed illusorio. Una volta, nella scuola esistevano i direttori didattici, gl’ispettori periferici e centrali, tutte istituzioni preposte al controllo ed all’incentivazione del regolare svolgimento dell’attività didattica e pedagogica. Oggi, ci sono i così detti “dirigenti scolastici” che, al novantanove virgola nove per cento si occupano d’amministrazione e conduzione aziendale. Per cui, che ne so, capita che un preside d’istituto comprensivo, ex docente di matematica, si debba di colpo interessare dello sviluppo psico-fisico e mentale di un bambino di scuola elementare o materna. Quale contributo potrà costui offrire sul piano del discernimento e dell’analisi dei fenomeni attinenti a tale materia è oggetto di legittima incertezza. Si fa un gran parlare di fenomeno “bullismo” nelle scuole e negli ambienti lavorativi, ove il “dritto” di turno, per puro istinto di sopraffazione e gusto dell’oppressione, pone in atto comportamenti aggressivi nei confronti dei più rispettosi e normali compagni d’attività. Nei posti di lavoro, tale comportamento è definito “mobbing”, sotto le armi “nonnismo”, a scuola “bullismo”. La diffusione di tali trattamenti è sempre esistita e notoria, ma oggi molto più frequente ed organizzata. In buona sostanza, le differenze sono solo sfumature. Il fatto grave è che in tali ambienti si fa pochissimo per evitare che ciò accada, anzi certi atteggiamenti dei superiori lo incoraggiano ed incentivano, nell’illusione che costituisca una leva educativa. Unica via d’uscita che resta al perseguitato è la denuncia alla magistratura, in quanto reato penale: come dire, alle martellate rispondere con le cannonate. Ma, ad onore del buon senso, la migliore cura per ogni male è sempre la prevenzione che richiede massima vigilanza, attenzione e sensibilità, tatto e fermezza da parte di chi è chiamato a svolgere compiti educativi e lavorativi in un clima di costruita condizione di tranquillità. Ricordo sempre con sincera costernazione quanto una professoressa mi dichiarava a proposito di una sua classe alquanto aggressiva, dimenticando di parlare con un educatore di provata esperienza: “Sto cercando d’alzare l’aggressività dei più educati per bilanciare il comportamento dei più intemperanti”. La terapia adottata era quella del lasciar fare al caso o, magari, di punire i deboli per accattivarsi le simpatie degli arroganti e violenti. Tuttavia, i mali del bullismo non provengono dalla scuola, la loro genesi è altrove : crisi di valori sociali, modelli comportamentali offerti da un certo tipo di televisione e di cinema, atteggiamenti familiari di controproducente efficacia su psichismi fragili, luoghi di raduno dominati dalla cultura dei gruppi, delle cricche le quali, in particolari circostanze, possono diventare branco… Ma la scuola non può costituire l’hùmus in cui far attecchire certe piante: un docente attento alle dinamiche di gruppo sa cogliere precocemente i segni premonitori di comportamenti che possono degenerare ed interviene, col tatto pedagogico e lafermezza, a distogliere i malintenzionati da eventuali propositi di scantonamento. Bisogna dire però, che la figura dell’educatore è stata molto ridimensionata dalle ultime riforme scolastiche, ridotta a travet della scuola, umile servitore, debole e poco credibile e come “ vaso di coccio fra tanti vasi di bronzo”, per questa ragione, deprivato in parte degli strumenti di deterrenza, ha meno capacità d’intervento ed anche meno voglia di farlo. Gli strumenti in realtà ci sono, ma è sempre una difficile seccatura applicarli. L’inefficacia della scuola deriva dal discredito sempre più accentuato che le famiglie coltivano nei confronti del corpo docente il quale, non solo non è chiamato a fare le loro veci, ma è vessato anche da riforme scolastiche che non si pongono minimamente la questione disciplinare. Così, l’insegnante diventa una voce nel deserto, predica al vento poiché il suo gesto educativo è sistematicamente smontato in famiglia, ove basta un gesto di spallucce di mamma o papà per demolire una sua giornata d’onesto lavoro, quando non d’un gesto d’amore. L’attenzione deve sempre partire dall’alto, in modo inequivocabile e chiaro nelle consegne professionali e nei limiti ben definiti degli interventi possibili. Sulla questione tanti fanno come Ponzio Pilato : lasciare che scoppi il caso, per chiedere poi l’intervento delle forze dell’ordine. Tutte le agenzie educative sono chiamate a grandi responsabilità relative a tale problema e si auspica che le vere riforme della scuola tengano nel dovuto conto di dover rendere più dignità a tutto il corpo docente. Occorre uno sforzo convergente delle forze culturali operanti sul territorio teso a superare il timore di apparire tradizionaliste nel ristabilire i canoni del nuovo umanesimo come risposta al becero consumismo ed alla trasgressione come valore automatico. Da più parti si invoca la revisione della legislazione minorile che preveda un inasprimento dei provvedimenti, specie a carico dei maggiorenni nei reati commessi dai minori e l’istituzione di sportelli anti-bullismo. Infine, di fondamentale importanza è il compito dei genitori i quali sono chiamati e richiamati alla impostazione corretta di un dialogo costruttivo con i propri figli e con i loro insegnanti. Spesso, la superficialità e l’ignoranza ci portano a sottovalutare i danni psico-fisici subiti dalle vittime del bullismo.